Diritto all’uso delle tecnologie (art. 3)
Diritto all’accesso e all’invio di documenti digitali (art. 4)
Diritto ad effettuare qualsiasi pagamento in forma digitale (art. 5)
Diritto a ricevere qualsiasi comunicazione pubblica per e-mail (art. 6)
Diritto alla qualità del servizio e alla misura della soddisfazione (art. 7)
Diritto alla partecipazione (art. 9)
Diritto a trovare on line tutti i moduli e i formulari validi e aggiornati (art. 57).
giovedì 26 luglio 2007
Il fattore rete - L'importanza del contesto
Perché è così tanto difficile attuare la gestione documentale, in una Pubblica Amministrazione?
Anche i più bravi e meglio intenzionati, devono fare i conti col fattore rete. Nell’economia della rete, adottare un certo strumento non serve assolutamente a nulla, se lo si fa da soli, serve a poco, se si è in pochi, diventa utilissimo se si è in tanti. Ne sanno qualcosa i primi utilizzatori del fax o del telefono cellulare: se non hai nessuno da chiamare, con quell’attrezzo costoso (i primi sono anche quelli che pagano di più) ci fai ben poco.
Così avviene anche per la gestione documentale, la quale richiede che le varie fasi dei procedimenti - che coinvolgono di solito più uffici e anche diverse amministrazioni - procedano per via elettronica, senza interruzioni “cartacee”.
E così bisogna curare che la diffusione di una certa tecnologia sia sufficientemente uniforme, tra i vari uffici dell’Ente, o meglio ancora tra le Amministrazioni con le quali si interagisce più frequentemente.
Inoltre, è necessario superare una certa soglia critica, che rende conveniente passare dalla procedura tradizionale a quella elettronica. Se per esempio il mio ufficio si dota di posta elettronica certificata, la sua adozione non sarà conveniente, finché la maggior parte dei miei interlocutori continueranno a pretendere le raccomandate postali. Così avviene anche per il protocollo informatico e per la firma digitale.
Insomma, perché la gestione elettronica dei documenti si diffonda a sufficienza nella PA, è necessario che sia crei la massa critica sufficiente. O meglio, le masse critiche, perché questo ragionamento vale anche limitatamente a specifici ambiti territoriali o settori d’attività.
Anche i più bravi e meglio intenzionati, devono fare i conti col fattore rete. Nell’economia della rete, adottare un certo strumento non serve assolutamente a nulla, se lo si fa da soli, serve a poco, se si è in pochi, diventa utilissimo se si è in tanti. Ne sanno qualcosa i primi utilizzatori del fax o del telefono cellulare: se non hai nessuno da chiamare, con quell’attrezzo costoso (i primi sono anche quelli che pagano di più) ci fai ben poco.
Così avviene anche per la gestione documentale, la quale richiede che le varie fasi dei procedimenti - che coinvolgono di solito più uffici e anche diverse amministrazioni - procedano per via elettronica, senza interruzioni “cartacee”.
E così bisogna curare che la diffusione di una certa tecnologia sia sufficientemente uniforme, tra i vari uffici dell’Ente, o meglio ancora tra le Amministrazioni con le quali si interagisce più frequentemente.
Inoltre, è necessario superare una certa soglia critica, che rende conveniente passare dalla procedura tradizionale a quella elettronica. Se per esempio il mio ufficio si dota di posta elettronica certificata, la sua adozione non sarà conveniente, finché la maggior parte dei miei interlocutori continueranno a pretendere le raccomandate postali. Così avviene anche per il protocollo informatico e per la firma digitale.
Insomma, perché la gestione elettronica dei documenti si diffonda a sufficienza nella PA, è necessario che sia crei la massa critica sufficiente. O meglio, le masse critiche, perché questo ragionamento vale anche limitatamente a specifici ambiti territoriali o settori d’attività.
venerdì 20 luglio 2007
da l'Editoriale del 18 luglio 2007
Da diversi anni ormai l'Abruzzo non riesce ad attrarre nuove aziende facendo leva sui bassi costi di produzione...
...la presenza di risorse umane di elevata qualità potrebbe invertire il trend...
...Ciò che si può fare nel breve periodo, imitando le miglior prassi, è la massiccia diffusione della società dell'informazione.
======== il testo dell'articolo di Piero Carducci =====
INFRASTRUTTURE e CONOSCENZA, FUTURO DELL'ABRUZZO
Da diversi anni ormai l'Abruzzo non riesce ad attrarre nuove aziende facendo leva sui bassi costi di produzione.
Nel passato siamo riusciti a conquistare nuovi mercati con prodotti standard e tradizionali, combinando basso costo del lavoro, svalutazione della lira ed incentivi finanziari alle imprese.
Questa formula non funziona più, ed occorre ridisegnare il modello di sviluppo regionale.
Crescere significa puntare sui nostri vantaggi comparati,. sul potenziamento delle infrastrutture, sulla presenza di isole di eccellenza che producano ricerca e innovazione e, quindi, sulla disponibilità di capitale umano di qualità. A partire da questi punti di forza, avremo la possibilità di intercettare nuove attività economiche.
E' questo il circolo virtuoso del futuro: la presenza di risorse umane di elevata qualità potrà permettere alla Regione di attrarre flussi di capitali per nuovi investimenti ad alta intensità di conoscenza. Il nuovo modello di sviluppo richiama un nuovo modello di programmazione regionale, che non può prescindere dalla necessità di integrare gli assi verticali di sviluppo (infrastrutture e conoscenza) con le esigenze del territorio nelle sue diverse articolazioni (grandi conurbazioni, città, aree intermedia, piccoli comuni) aumentando l'efficacia delle politiche per le aree in crisi industriale o in ritardo di sviluppo.
Nel programmare ed attuare gli interventi, maggiore rilevanza deve essere data alla dimensione locale, formulando un piano di sviluppo che sia strettamente legato al territorio stesso e che abbia lo scopo primario di attirare e trattenere nei singoli sistemi locali le risorse mobili (capitale, lavoro, imprenditoria), attraverso la valorizzazione permanente delle risorse immobili (terra, tradizioni e cultura, ambiente, posizione geografica, capitale umano fortemente localizzato). La scelta strategica di operare attraverso progetti maggiormente legati al territorio può essere facilmente motivata sia dalla possibilità di ottenere un maggior livello di efficacia degli investimenti programmati, sia perché in questo modo si semplifica la verificabilità in termini di risultati e di efficacia dell'azione realizzata su quel territorio. In tale disegno, assolutamente centrale risulta essere la politica per le infrastrutture materiali (autostrade, strade, ferrovia, porti, parcheggi, ecc.) ed immateriali (reti della ricerca e della conoscenza, banda larga, ecc.).
Una politica ad oggi molto carente, ed in perenne "concertazione". Non possiamo permetterci ulteriori ritardi: le infrastrutture, infatti, sono fondamentali per la generazione di economie esterne per tutte le attività produttive, per la diffusione dell'innovazione, per promuovere il ruolo dell'Abruzzo quale regione cerniera tra il Lazio e l'Est europeo, tra il Vecchio
Continente e l'Asia ruggente, per via della nuova centralità assunta dal Mediterraneo nei traffici commerciali. Centralità del Mediterraneo che impone la valorizzazione degli scali aerei e portuali lungo la direttrice di attraversamento verso Suez, altrimenti l'Abruzzo rischia di divenire un territorio di mero attraversamento, senza che l'economia locale possa beneficiare di alcun valore aggiunto.
Tuttavia, noi sappiamo che non è realistico ipotizzare immediate e massicce politiche infrastrutturali che possano, in un arco di tempo ragionevole, ridurre il gap abruzzese e gli squilibri territoriali tra aree forti (come la conurbazione Chieti-Pescara) e le aree marginali (come l'Alto Sangro o l'interno aquilano). Esse infatti si caratterizzano per i lunghi tempi occorrenti alla loro realizzazione, oltre che per le notevoli risorse finanziarie necessarie. Il necessario potenziamento e riposizionamento delle reti regionali richiede quindi tempi lunghi, non compatibili con la perdita di competitività dell'Abruzzo (fatta eccezione per alcune grandi imprese). Ciò che si può fare nel breve periodo, imitando le migliori prassi, è la massiccia diffusione della società dell'informazione.
Le tecnologie dell'informazione ed i relativi servizi (e-governement, ebusiness, ecc..) permettono sia di superare rapidamente le diseconomie tipiche delle aree in ritardo di sviluppo a costi
limitati, sia di supportare la competitività delle imprese dinamiche, sia di delocalizzare una rete integrata di servizi amministrativi e sociali di base.
La rete permette di erogare prestazioni d'opera ad elevato valore aggiunto anche alle imprese, garantendo servizi standard ovunque, indipendentemente dalla dimensione minima di domanda tale da giustificarne economicamente la presenza diretta in loco. Sia che si tratti di reti immateriali che materiali, occorre ancora sottolineare un punto centrale, evidenziato dalle migliori pratiche a livello internazionale: la politica per le infrastrutture può risultare di grande impatto, per la competitività dei sistemi locali, a condizione di prevedere forme di integrazioni specifiche tra i diversi assi di intervento e soggetti istituzionali coinvolti, con l'obiettivo di assumere esplicitamente e prioritariamente il riferimento territoriale per il complesso delle azioni di sviluppo. Il vero elemento caratterizzarne della programmazione integrata in grado di apportare concretamente "valore aggiunto" in termini di sviluppo locale è, dunque, proprio il territorio, che non deve più essere inteso come passivo ricettore di interventi ma come primario attore ed attivatore dello sviluppo endogeno.
===========================
...la presenza di risorse umane di elevata qualità potrebbe invertire il trend...
...Ciò che si può fare nel breve periodo, imitando le miglior prassi, è la massiccia diffusione della società dell'informazione.
======== il testo dell'articolo di Piero Carducci =====
INFRASTRUTTURE e CONOSCENZA, FUTURO DELL'ABRUZZO
Da diversi anni ormai l'Abruzzo non riesce ad attrarre nuove aziende facendo leva sui bassi costi di produzione.
Nel passato siamo riusciti a conquistare nuovi mercati con prodotti standard e tradizionali, combinando basso costo del lavoro, svalutazione della lira ed incentivi finanziari alle imprese.
Questa formula non funziona più, ed occorre ridisegnare il modello di sviluppo regionale.
Crescere significa puntare sui nostri vantaggi comparati,. sul potenziamento delle infrastrutture, sulla presenza di isole di eccellenza che producano ricerca e innovazione e, quindi, sulla disponibilità di capitale umano di qualità. A partire da questi punti di forza, avremo la possibilità di intercettare nuove attività economiche.
E' questo il circolo virtuoso del futuro: la presenza di risorse umane di elevata qualità potrà permettere alla Regione di attrarre flussi di capitali per nuovi investimenti ad alta intensità di conoscenza. Il nuovo modello di sviluppo richiama un nuovo modello di programmazione regionale, che non può prescindere dalla necessità di integrare gli assi verticali di sviluppo (infrastrutture e conoscenza) con le esigenze del territorio nelle sue diverse articolazioni (grandi conurbazioni, città, aree intermedia, piccoli comuni) aumentando l'efficacia delle politiche per le aree in crisi industriale o in ritardo di sviluppo.
Nel programmare ed attuare gli interventi, maggiore rilevanza deve essere data alla dimensione locale, formulando un piano di sviluppo che sia strettamente legato al territorio stesso e che abbia lo scopo primario di attirare e trattenere nei singoli sistemi locali le risorse mobili (capitale, lavoro, imprenditoria), attraverso la valorizzazione permanente delle risorse immobili (terra, tradizioni e cultura, ambiente, posizione geografica, capitale umano fortemente localizzato). La scelta strategica di operare attraverso progetti maggiormente legati al territorio può essere facilmente motivata sia dalla possibilità di ottenere un maggior livello di efficacia degli investimenti programmati, sia perché in questo modo si semplifica la verificabilità in termini di risultati e di efficacia dell'azione realizzata su quel territorio. In tale disegno, assolutamente centrale risulta essere la politica per le infrastrutture materiali (autostrade, strade, ferrovia, porti, parcheggi, ecc.) ed immateriali (reti della ricerca e della conoscenza, banda larga, ecc.).
Una politica ad oggi molto carente, ed in perenne "concertazione". Non possiamo permetterci ulteriori ritardi: le infrastrutture, infatti, sono fondamentali per la generazione di economie esterne per tutte le attività produttive, per la diffusione dell'innovazione, per promuovere il ruolo dell'Abruzzo quale regione cerniera tra il Lazio e l'Est europeo, tra il Vecchio
Continente e l'Asia ruggente, per via della nuova centralità assunta dal Mediterraneo nei traffici commerciali. Centralità del Mediterraneo che impone la valorizzazione degli scali aerei e portuali lungo la direttrice di attraversamento verso Suez, altrimenti l'Abruzzo rischia di divenire un territorio di mero attraversamento, senza che l'economia locale possa beneficiare di alcun valore aggiunto.
Tuttavia, noi sappiamo che non è realistico ipotizzare immediate e massicce politiche infrastrutturali che possano, in un arco di tempo ragionevole, ridurre il gap abruzzese e gli squilibri territoriali tra aree forti (come la conurbazione Chieti-Pescara) e le aree marginali (come l'Alto Sangro o l'interno aquilano). Esse infatti si caratterizzano per i lunghi tempi occorrenti alla loro realizzazione, oltre che per le notevoli risorse finanziarie necessarie. Il necessario potenziamento e riposizionamento delle reti regionali richiede quindi tempi lunghi, non compatibili con la perdita di competitività dell'Abruzzo (fatta eccezione per alcune grandi imprese). Ciò che si può fare nel breve periodo, imitando le migliori prassi, è la massiccia diffusione della società dell'informazione.
Le tecnologie dell'informazione ed i relativi servizi (e-governement, ebusiness, ecc..) permettono sia di superare rapidamente le diseconomie tipiche delle aree in ritardo di sviluppo a costi
limitati, sia di supportare la competitività delle imprese dinamiche, sia di delocalizzare una rete integrata di servizi amministrativi e sociali di base.
La rete permette di erogare prestazioni d'opera ad elevato valore aggiunto anche alle imprese, garantendo servizi standard ovunque, indipendentemente dalla dimensione minima di domanda tale da giustificarne economicamente la presenza diretta in loco. Sia che si tratti di reti immateriali che materiali, occorre ancora sottolineare un punto centrale, evidenziato dalle migliori pratiche a livello internazionale: la politica per le infrastrutture può risultare di grande impatto, per la competitività dei sistemi locali, a condizione di prevedere forme di integrazioni specifiche tra i diversi assi di intervento e soggetti istituzionali coinvolti, con l'obiettivo di assumere esplicitamente e prioritariamente il riferimento territoriale per il complesso delle azioni di sviluppo. Il vero elemento caratterizzarne della programmazione integrata in grado di apportare concretamente "valore aggiunto" in termini di sviluppo locale è, dunque, proprio il territorio, che non deve più essere inteso come passivo ricettore di interventi ma come primario attore ed attivatore dello sviluppo endogeno.
===========================
Iscriviti a:
Post (Atom)